domenica 28 dicembre 2008

aforismi di una supervisione

Importante quando l‘energia si rappresenta carnalmente sul corpo. SI INCARNA. Energia connessa al desiderio, connessa alla soddisfazione. nella psiche l‘energia è legata.
C‘è un‘aspettativa di piacere. L‘aspettativa rinforza l‘energia.
La LIBIDO: energia che protende al legame fra gli uomini.
La pulsione di morte è dominante sul piacere: PIACERE TOTALE - TOTALE SODDISFAZIONE = MORTE.

L‘energia incontra il corpo e si fa libido. All‘inizio il bambino ha energia, ma deve essere rinforzata da una prerogativa (aspettativa) di vita che rinforza l‘energia.

Sul corpo l‘energia inizia a psichizzarsi. Prime rappresentazioni del piacere. NARCISISMO PRIMARIO.

L‘adolescente difficile ha una quantità di energia che inverte sul corpo. Quindi deve essere maggiormente rappresentata. Il corpo non la regge più. Scoppia nella mente come angoscia oppure esplode sul corpo. Ma il border line non andrà mai sull‘angoscia, perché non ha un sistema di rappresentazioni così strutturate da reggere l‘angoscia. Non hanno difese da questo punto di vista.

Il bambino può organizzarsi in assenza della madre con un incremento della motricità, oppure supplisce questa assenza con rappresentazioni. ma può solo tollerare l‘assenza per un tempo X. Dopo di che gli manca e si forma un buco. Assenza - psicosi bianca - madre morta. E lui non torna più come prima. Vuoto atmosferico.

Il border ha avuto troppa assenza, ma non così tanta da non avere energia.
C‘è energia ma questa energia non ha rappresentazioni.
Come fa uno ad avere aspettative di vita se non può rappresentarsele?

Nelle nevrosi attuali (seconda topica) non c‘è rappresentazione... non c‘è un tessuto che si può ricucire con la psicoanalisi classica. (associazioni)
Siamo nell‘ambito della governabilità dell‘ingovernabile, le passioni che annegano l‘io.

Se una cosa non può essere pensata neanche inconsciamente, allora non può essere neanche rappresentata. Viene dunque rappresentata dal corpo, scarica sul corpo. E il corpo allora è come se portasse un simbolo. L‘inconscio stesso può rimuovere nell‘inconscio... come se la rappresentazione venisse appena toccata dall‘inconscio e rimossa su livelli ancora più profondi.
Comunque l‘energia slegata deve essere comunque scaricata.

Rappresentazioni di piacere: MAMMA TU TI SEI DATA A ME? SI‘ E ALLORA IO POSSO ANCHE FARNE A MENO E CERCARTI ALTROVE- NO, E ALLORA IO VOGLIO MAMMA E MI CI FISSO.

Uno può fare a meno di qualcosa se ce l‘ha avuta. Border line: dovrebbe riuscire ad avere tanto per farne anche a meno. Ma il border line più ha più deve avere. Dovrebbe essere aiutato alla rinuncia. Ma prima deve avere il piacere.

IL NOSTRO LAVORO E‘ DARE PIACERE E RIUSCIRE A RAPPRESENTARSELO QUANDO NON C‘E‘.
CON IL TRANSFERT.

La passione subordina l‘io che deve fare qualcosa... ma quell‘io siamo noi perché loro l‘io non ce l‘hanno.
Noi viviamo in un mondo di rappresentazioni. L‘affetto che sta dentro e non ha rappresentazioni è il dramma dei border line.

Dunque le nevrosi attuali non possono rappresentare perché non possono staccarsi dal concreto e non si staccano dal concreto perché non ce l‘hanno avuto.

Noi curiamo con affetti che però si incrociamo con rappresentazioni. Solo affetti alleviano il dolore, ma non lo trasformano. Psicoanalisi applicata ad un contesto non psicoanalitico... trasformare il dolore, ma l‘assetto è quello psicoanalitico.

FAR SENTIRE IL DOLORE DELL‘ANIMA AL BORDER LINE E‘ IL PRIMO PASSO. Prima di trasformare il dolore bisogna farglielo provare e il dolore è una versione raffinata dell‘angoscia.

venerdì 28 novembre 2008

Aggiornamenti

Dunque non c‘è che dire... ultimamente abbiamo lavorato tanto e bene.
I nostri collaboratori delle case famiglia stanno andando avanti con grande passione. Ogni tanto le riunioni si fanno di fuoco! Ma questo fa parte del gioco... poi arriva sempre il preconscio a fare il suo dovere e rimette ogni cosa al suo posto. Sicuramente le frustrazioni stanno sempre lì in agguato e ci aspettano dietro ogni angolo del lavoro. Ma credo che anche questo faccia parte di un percorso di crescita. Professionale? Sicuramente professionale, ma non solo. vedo ognuno di noi lavorare... facendo quel lavoro indispensabile al nostro lavoro, un lavoro sovradeterminato, come un lavoro che ci lavora dentro, un lavoro sul nostro fronte interno.
Per chi è arrivato da minor tempo forse, a volte, la casa famiglia sembra un grande sogno, qualcosa che ha una sua logica, in cui avvengono cose strane... e tutto sommato il mio consiglio è di continuare a passeggiare tranquilli in questo sogno. Anche se il mio augurio comunque rimane quello di svegliarsi ad un certo punto e farselo vivere dentro più e più volte questo sogno, anche arricchendolo di se stessi, facendolo sempre più grande.
Per quei nostri collaboratori che da tanti anni ogni giorno si prendono cura del nostro progetto bisogna solo dire di rimanere sempre col cuore a quei giorni iniziali e portare i loro pensieri sempre più i profondità.
Perché la passione non va mai persa, ma al tempo stesso ci siamo sempre trovati bene perché i nostri occhi si vivono il presente e si immaginano il futuro. E pensando pensando pensando abbiamo sempre fatto un buon lavoro.
Le novità....
Bè, Stefano oggi ha attaccato la luce nel nostro nuovo ufficio (il primo!!!!) nel quale ci sarà la possibilità finalmente di incontrarsi la sera per stare e riflettere insieme.
Nel mese di Dicembre si va, sotto Natale, a Tivoli e il 26 siamo ospiti in un agriturismo di San Gregorio. Chiaramente siete tutti invitati.
Per il nuovo anno stiamo pensando a rafforzare uno dei progetti di compagno adulto che abbiamo a Roma e sarei contento se qualcuno di voi potesse prendersi uno spazietto anche lì.
Altre cose per ora non mi vengono in mente...
Chiaramente sotto Natale ogni iniziativa di ricerca fondi che vi dovesse venire in mente è bene accetta...
Mentre per il resto ci vedremo tutti insieme verso la metà del mese di Dicembre per una cena quasi-natalizia....
Vi abbraccio tutti quanti e vi auguro un buon lavoro!


Tommaso

giovedì 30 ottobre 2008

qui

questo cane che mi morde il cuore.
 qui oggi lascio alcune riflessioni della supervisione... sulla perversione.

domenica 19 ottobre 2008

nuova veste

Abbiamo rifatto il vestito al nostro sito. Qualcosa che richiamasse l’autunno e facesse “CASA”. Vediamo un pò se piace. Vorrei che gli operatori con un loro profilo apparissero tra le pagine. Adesso vediamo un pò cosa intentare.

venerdì 17 ottobre 2008

Il comitato

Qui vorrei far leggere i membri del comitato e gli operatori per permetter loro di prendere spunto per una prima serata di riflessione su questo articolo di Winnicott.
Se si sposta il contenuto nel nostro setting-casa famiglia, credo ci sia molto da ragionare...

il corpo, dagli abstract di catania

Faccio seguire alcuni appunti presi dagli abstract presentati al convegno di Catania. Purtroppo non ero presente al convegno ma ho potuto usufruire di validi appunti.


“Le condotte a rischio sono modi ambivalenti di lanciare un appello a quelli che stanno vicino, a quelli che contano. esse costituiscono una maniere estrema di costruzione di senso e di valore, testimoniano la resistenza attiva del giovane e i suoi tentativi di rimettersi al mondo.”

D. Le Breton

Funzioni psichiche e rappresentazionali del corpo in adolescenza. Periodo in cui, con il sopraggiungere della pubertà, l’adolescente si confronta con la nuova realtà del corpo sessuato.
Nuove sensazioni che non trovano rappresentazioni fantasmatiche. Questo cammino porta l’adolescente ad appropriarsi di nuovo criteri, nuovi strumenti che regolano le tensioni interne.
“Il corpo in adolescenza è il baluardo che rimarca i confini e il perturbante minaccioso insieme”.
E’ il punto di riferimento costante, ma al tempo stesso il limite stesso. Tutto può collassare sul corpo e trovare lì un ancoraggio alle angosce.
Si può dire che in queste forme di funzionamento “regredienti” si possono intravedere delle modalità transitorie di cui si avvale l’apparato psichico per riorganizzare il campo rappresentazionale. Dunque con una funzione evolutiva.

Carau Fusacchia



La pubertà è un crocevia. Un luogo dove si ritrovano le modalità dell’infanzia, che comincia ad essere passato, una futura identità adulta testimoniata dai cambiamenti del corpo, dai contenuti fantasmatici. Il crocevia evoca anche l’edipo. Nella pubertà si rivista questo scenario e anche per questo motivo la pubertà è spesso asse di riferimento per della patologia adolescenziale.
Nel crocevia convergono i nodi irrisolti del passato. Questo implica il concetto di posteriorità come elaborazione, lavoro della memoria e della coscienza che costantemente riprende e ricostruisce il passato per significarlo nel progetto.

Carbone


Rammentae, ricordare, imembrare forse...
Carbone


Tutto il nostro organismo è memoria. E non solo. Siamo memoria e abbiamo memorie.
Tre tipi di memoria negli esseri umani: rammentare, ricordare, rimembrare.
Nel ram-mentare ciò che viene ricordato è un codice digitale che può essere combinato con altri codici digitali in elaborazioni che sono la manifestazione della nostra razionalità.
Nel ri-cordare ciò che viene rievocato è una configurazione emotiva.
Nel ri.membrare ciò che viene rievocato è una sequenza motoria.
Sono memorie lontane dalla consapevolezza molto vicine ad una memoria somatica. Questo però vuole anche dire che se le possibilità di movimento sono ridotte da vincoli acquisiti non sarà possibile rimembrare certi movimenti.
In adolescenza, grazie alla tempesta ormonale, vengono riprogrammati alcuni schemi motori. I legami articolari sono più elastici, ed è dunque possibile tale riprogrammazione anche delle memorie articolari profonde.
E’ molto interessante riflettere sul come una cura fondata sulla parola rimetta in moto anche questo tipo di memoria. Il nostro linguaggio infatti per quanto arbitrario e espressione di una codifica digitale è anche incarnato in una voce.
Il linguaggio verbale e quello del corpo di fondano su due logiche differenti: il linguaggio verbale è portato di significati, si fonda sul codice digitale ed è discontinuo perché è arbitrario, quello del corpo si fonda sul gesto, è portatore di senso, e si colloca su un piano analogico e della continuità.
Il linguaggio, seppure è uno strumento molto potente nell’evoluzione dell’essere umano, “tradisce” quel senso che solo il corpo sembra portare. c’è sempre la possibilità di questo scarto, che il linguaggio, la parola, possa male interpretare, diacronia fra il senso e il significato, fra il corpo e la mente.
Ma rimane pur sempre la parola l’unico luogo possibile di una sicronia.

domenica 5 ottobre 2008

epocheonlus.org

Comunichiamo che finalmente abbiamo sulla rete un nostro proprio dominio. Il sito delle due case famiglia e del progetto di compagno adulto, del giornale di Lorenzo e del gruppo di lavoro di Epoché si trovano su http://epocheonlus.org...
Speriamo abbia il successo che merita vista la dedizione che ci abbiamo messa!

mercoledì 1 ottobre 2008

numero zero

Il Giornale di Lorenzo!

Eccolo finalmente vedere la luce della sera! Il numero zero del giornale della casa famiglia!
Seguiranno numerosi commenti. Per ora vi lascio il segno per fruirne il più allegramente possibile.

venerdì 12 settembre 2008

Riprendo queste righe che mi sono sembrate interessanti sui ROM... sull'idea che noi abbiamo di loro e sulla loro storia:

Nella società contadina avevano un loro ruolo: allevavano e vendevano cavalli, aggiustavano le pentole, lavoravano i metalli, suonavano alle fiere, facevano i burattinai. I ROM, 30 anni fa, non finivano mai in carcere. Ora le esigenze della società sono aumentate e le loro possibilità sono diminuite. I SINTI vendono articoli di merceria porta a porta; i ROM karakhanè sono artigiani del rame e leggono la mano.

Riprese da QUI.

ROM


Qui ho scritto le mie prime impressioni di  una mezz'ora passata un un campo di nomadi...

martedì 2 settembre 2008

casi limite: dove parla il discorso latente?

Il setting (psicanalitico classico) è l'habitat naturale della nevrosi di tranfert (GREEN)... dove i casi limite?
Chiaramente se per limite si intende limite dell'analizzabilità. 
Come fa la parola a rimanere liberatrice anche nelle relazioni più difficili?

domenica 31 agosto 2008

il gruppo e il piacere

Alla fine dal campeggio siamo tornati, Francesca ed io perlomeno... i ragazzi sono ancora lì con gli altri di noi che facevano due settimane.
Che dire?!
Questi primi sette giorni sono andati bene... non ci siamo limitati a far vacanza... e quando mai! Possiamo dire d'avere anche molto lavorato con i nostri ragazzi.
E' sempre così in qualche modo. C'erano i gruppi delle due strutture insieme e questo stare insieme ha funzionato... ma solo lavorando sulle modalità e sui riferimenti teorici di ognuno di noi. Le strutture hanno regole simili, ma se due cose fossero proprio la stessa cosa non sarebbero due. Fortunatamente ci sono state diversità. Credo che vedere i grandi legare fra loro (c'è da dire che noi siamo anche tutti amici) fa bene ai ragazzi. I momenti più critici sono stati infatti proprio quelli in cui noi non eravamo d'accordo e magari c'è voluto quella mezz'oretta di riflessioni e discussioni in comune per sbloccare una situazione. 
Questi credo siano momenti molto importanti, nei quali i ragazzi non solo acquisiscono un metodo, chiamiamolo democratico, di decisione, ma il gruppo lavora facendo da modello alla nascita di un altro psichismo dei ragazzi.
Mi spiego meglio.
L'adolescente al limite funziona come un gruppo che non comunica. Diciamo semplificando che la parte che sa le cose non parla con la parte che vuole, che desidera.
Una volta uno mi ha detto che i ragazzi da noi si curano stando con noi... e non sapeva quanto avesse ragione... perché la capacità di creare legame/legami, di legare le pulsioni, è una capacità dell'io di poter rappresentare. 
Per questo pure sono stati importanti tutti i discorsi fatti con tutti loro a cena, a colazione, mentre si preparavano per andare in piscina o al mare... la vicinanza nei momenti di sofferenza, che non va mai in vacanza, la nostalgia silenziosa per qualcuno che non c'è più, i momenti in cui il mondo proprio non lo si capisce e sembra di avere una testa vuota e che fa male...
sempre ci si deve parlare con i ragazzi, sempre si cercano rappresentazioni per loro di ciò che si agita dentro. Altrimenti ci sarebbero solo mute azioni senza l'altro.
Lo diciamo durante l'anno agli operatori che arrivano che quando non c'è pensiero i ragazzi mettono in scena, drammatizzano i vissuti del gruppo. In campeggio, in un setting mobilissimo, questo è stato vero costantemente.. ma pensato, discusso, detto.

Un altro piano su cui ci siamo tutti confrontati è stato quello del piacere. La vacanza è un piacere, la scoperta di piaceri nuovi, così che la società organizza questi luoghi di villeggiatura come motori del desiderio. Cosa vuole dire avere una decina di macchine del desiderio in piena adolescenza messe nell'ingranaggio di un motore del desiderio?
Vuol dire addio al piacere.
I nostri ragazzi quando stanno male... e molti di loro soffrono nella loro mente, non provano piacere. Hanno grossi desideri irrevocabili, definitivi sempre e mai, strazianti, in una folle e cieca corsa. Ma non provano piacere.
Potrebbe essere la regola, il padre, il nome del padre, chiamiamolo come volete, io direi l'astensione, a far scivolare dolcemente un desiderio in un piacere. Il piacere è quando mi riesco a rappresentare qualcosa che voglio, a differenziarmi dalla realtà che lo possiede e che mi impedisce un'immediata soddisfazione, a rappresentare questa soddisfazione in cui nasce anche il tempo futuro, il progetto... e poi, solo poi... il poi del piacere. 
Il piacere è nell'astensione insomma.
I nostri ragazzi, se lasciati a se stessi, al loro dramma, non si astengono. Godono nell'immediato senza neanche troppo godimento. Scivolano stando in bilico a progetti sempre incerti di realizzazione e muoiono dentro se qualcosa non c'è subito per loro. Ottenuta la cosa, senza soddisfazione ricadono nel meccanismo impellente delle loro pulsioni.
Portarli a gustare una cena tutti insieme.
far pensare loro quanto domani sarà bella quella passeggiata al mare.
Interrompere un gioco la sera per trovarlo il giorno dopo... cullarselo poco prima di andare a dormire per portarlo con sé nei sogni.
Questo sono stati questi sette giorni.
Ma forse il momento più bello è stata un'ora di grazia in un primo pomeriggio dopo pranzo, il tavolo ancora apparecchiato, sotto l'ombra della pineta. Qualche ragazzo si era fermato a parlare con noi, aspettando di scendere in piscina per il bagno...
Noi abbiamo iniziato a parlare di libri e chiedendomi cosa leggevo ho iniziato a leggere a tutti quanti Pasolini.
E' stato molto emozionante per me.

sabato 23 agosto 2008

camping

Domani mattina si parte per il campeggio. Siamo tutti molto felici. io particolarmente stanco debbo ancora fare le valigie. Ho scritto finora di una cena fatta con E. e T.
Sto aspettando qualcosa, o per lo meno questa è la sensazione... Vivere con tutto il gruppo per diversi giorni... altro che fine del divano o modifiche del setting.... 

giovedì 21 agosto 2008

ultime riflessioni

ciò che una comunità non deve essere.
un luogo per la repressione per chi ha pensieri diversi. luogo chiuso. cure sanitarie. assetto gerarchico. isolamento.
ciò che una comunità deve essere.
sistema aperto. luogo di trasformazione ad assetto gruppale. organizzazione democratica. reinserimento sociale.

l'aggressività nel neonato si manifesta nella quantità di opposizioni che gli si presentano.

mercoledì 20 agosto 2008

il pranzo

Alla fine il pranzo è andato ed è pure andato bene. G. e A. sono arrivati presto e hanno passato tutto il giorno qui con noi e con i ragazzi. La loro presenza è tranquilla e discreta... legano bene con tutti quanti... e questo credo sia importante... la sensazione di stare in un gruppo che lega... gruppi potenzialmente sempre più grandi... perché la mente di un adolescente difficile funziona come un gruppo che non lega, come ci dice sempre Tito.
E loro stanno con noi e si curano - non serve tanto altro.
Bisognava vederli, tutti a tavola per cinque ore seduti a parlare tutti insieme. Prima uno poi un altro, a prendere la scena, a stare tranquilli quando i grandi parlano... poi a giocare in giardino, contenti pure se con la coda dell'occhio s'accorgono che li guardi!
E la rappresentazione di un gruppo che comunica è già parte di un prendersi cura di una mente che soffre... una grossa parte direi.

martedì 19 agosto 2008

se stasera sono qui

Dal caldo stasera sono uscito a farmi due passi. Ero a casa da solo e pensavo al pranzo di domani. Vengono in struttura G. e A.
San Lorenzo ha qualcosa di accogliente che tranquillizza l'animo in ogni angolo di strada. Mi piace la mattina, quando le signore vanno al mercato... ma la sera è bellissima se la immagini in bianco e nero. Sarà cambiata, non sarà più quel quartiere popolare che era... ma è sempre bellissimo. E poi stare a lamentarsi perché una cosa cambia è stupido.
Che voglia di cambiare che c'è in me... cantava Battiato!
E subito sono al punto. Questa grande voglia di cambiare che mi ha spinto a pensare le due strutture insieme in un'unica grande struttura a Tivoli. Ad Oriolo lascerei tanti affetti... ma non è solo la nostalgia... forse sono stato un pò impulsivo. Adeso, da quando il comune di Roma ha ripreso a pagare, le cose vanno decisamente meglio. Questo periodo di difficoltà ci ha uniti tutti quanti. Alcuni è vero non ce l'hanno fatta. Ma abbiamo guadagnato un legame... quello fra di noi. Il legame, sappiamo... perché è il nostro modo stesso di lavorare... è la meta di ogni pulsione, quando si fa rappresentazione e affetto. 
E rieccoci agli affetti. Andare a Tivoli è un altro affetto, un legame che si è stabilito con alcune persone, che sta crescendo piano piano, ma è sempre forte. In un legame uno c'ha pure paura di perdere qualcosa... non stai tanto a pensare a cosa verrà ad arricchire un'esperienza.
Perché allora sono tanto titubante?
Forse il timore di sentirmi troppo legato... di legarci tutti troppo?
Vediamo un pò come andrà il pranzo di domani... anche se questa sarà la strada e noi continueremo a concentrarci sempre di più sul nostro più profondo legame... i nostri affetti!

lunedì 28 aprile 2008

diario

oggi. 28 IV

Sto guardando S. che taglia l'erba. Dio sa cosa gli si agita dentro. lui mettendo in ordine il giardino decide sulla casa... su qual'è alla fine la casa. Quella in cui puoi stare sicuro, in cui le cose, quando accadono, non fanno paura, ché c'è una mente che le pensa, che può mettere un argine a tutte le emozioni.
S. passa con la sua macchina tagliaerba e lascia mucchietti regolari sul terreno ordinato. Se c'è un dosso spinge con le braccia e serio cerca di trovare il modo per far scavallare quell'attrezzo tagliaerba.
Qui il sole riscalda appena, obliquo, sembra portar pace. C. sul dondolo e D. nell'ufficio a studiare... come fanno i grandi. M.... dov'è M...
M. è andato a comprare la cipolla...
Stasera pasta e patate per tutti!
Ed io... avrei voglia di farmi una passeggiata... di fumare una sigaretta... ma non riesco a staccare gli occhi dallo spettacolo di questa fine giornata. Mi manca una persona qui accanto, e non vedo l'ora di vederla. Ma questi ragazzi... dio come sono coraggiosi!

domenica 27 aprile 2008

La casa famiglia Epoché nasce nel 2003 come primo progetto di casa famiglia dell'allora associazione Epoché.
Nella fase di progettazione molto importanti sono la collaborazione con il comune di Oriolo e la provincia di Viterbo.
Per la vicinanza con Roma chiaramente negli anni la struttura è stata destinata soprattutto ai ragazzi della capitale, senza disdegnare però alcune collaborazioni con i comuni limitrofi.

L'equipe ha collaborato soprattutto con la giustizia minorile, formandosi con quei ragazzi di strada che commettendo reati attraversano il percorso delle misure alternative alla detenzione.

In questo senso la posizione della struttura, lontana dalle dinamiche della città, e un gruppo di lavoro molto preparato ci hanno permesso di specializzarci sempre di più con quei ragazzi che incontrano il penale come richiesta proveniente da un profondo malessere, spesso espresso anche come disturbo di personalità.

La struttura è organizzata con un modello famigliare, o meglio pensando i ruoli famigliari come funzioni e il campo relazionale come compo proprio di lavoro in cui sono posti operatori e ragazzi.

Non crediamo al modello affidatario che metterebbe la struttura in competizione con la famiglia di origine, e lì dove possibile cerchiamo di lavorare anche con il gruppo di origine del ragazzo.

Per contattare la struttura.
tel/fax 06 99838762
curriculumepochè.doc

venerdì 25 aprile 2008

riunioni di equipe

L’equipe... le riunioni.

 

Riunioni d’epuipe.

Si raccolgono gli elementi sparsi durante tutta la settimana, dei ragazzi e degli operatori, di tutto ciò che è passato dentro, attraverso e nell’immediata vicinanza della cornice.

Si mette a confronto, dunque è il luogo principale dove nascono nuovi legami.

Meglio ancora nelle riunioni d’equipe nasce per la comunità la capacità stessa di legare.

Qualcuno ha detto che il reale ha un carattere sempre traumatico, il reale inteso come presente, come vissuto di ciò che accade nell’immediatezza del suo essere presente.

La riunione degli operatori invece permette, come momento di pensiero vissuto da tutta la casa, di distanziarsi dagli agiti, dalla loro immediatezza.

Questa capacità di distanza e di legame fa tutt’uno col pensiero, con lo spazio psichico necessario per creare un limite, io-non io.

Il gruppo degli operatori non interpreta, ma si fa contenitore dei pensieri dei ragazzi, lì dove gli agiti vengono collocati in uno scambio che è sempre portatore di significati. Questi pensieri contengono gli operatori e i ragazzi e divengono così fonte di trasformazione.

Tutto questo è positivo anche soltanto perché apre un universo positivo e dotato di senso, nel quale c’è uno spazio anche per il resto, per ciò che non era rappresentabile da un soggetto assoggettato alle ripetizioni e preso nella lacerazione.

Nelle riunioni settimanali si produce uno schermo verso la violenza caotica delle pulsioni.

Quando diciamo scambio significativo, ciò che viene ripreso e pensato in riunione, intendiamo innanzitutto e per lo più ciò che provocano i ragazzi negli operatori, tutto ciò che muta e ogni modo col quale i ragazzi si rapportano alla cornice.

La cornice è ciò che viene ristrutturato, verificato, ripensato e adattato durante la riunione.  La cornice infatti viene usata dai ragazzi difficili come strumento per dare significato.

Viene dunque vissuta come stabile, ma deve essere anche variabile se vuole accogliere il cambiamento. Però se lo è troppo e in modo caotico raggiunge una sorta di punto di sutura oltre il quale viene vissuta come perturbante e dissociante.

(sempre liberamente tratto da “La questione psicotica in adolescenza” Barannes.)

 

 

       

 

la casa famiglia

La casa...

 

Cerchiamo di spiegare in sintesi e seguendo alcune indicazioni tratte da un saggio di Descargues -Wery, di cosa si parla quando si immagina il lavoro degli operatori in casa famiglia e la tipologia dei ragazzi che noi ospitiamo.

La casa famiglia innanzitutto è un’istituzione. Risponde a certe regole e ne ha di sue proprie, un proprio regolamento istituito per il suo fine. Vista da un adolescente, pensando al rapporto che questo ha con la regola, i regolamenti, le istituzioni appunto, la casa famiglia fa parte del mondo dei grandi, degli adulti.

Ma come ogni istituzione è appunto una cornice di vita. E’ un ambiente appositamente creato per adolescenti che soffrono. Lo scopo della casa famiglia è quello di aiutare i ragazzi a cercare altri tipi di risposte alle loro difficoltà.

Queste difficoltà provengono  sia da una realtà diventata intollerabile, quanto dalla criticità stessa propria dell’adolescenza. Sono situazioni che si configurano spesso come veri e propri breck down o scompensi psicotici, quando non finiscono invece per strabordare nel contesto sociale divenendo devianza.

Anche l’istituzione comunque, pensiamo alla scuola, può diventare luogo di esclusione, andando a innestarsi su quel vissuto di estraneità che provano i ragazzi. Il problema è che questa estraneità, l’altro perturbante, può sfilacciarsi, assottigliarsi fino a divenire rottura ed essere intollerabile. L’adolescente si trova a doversi difendere da questo vissuto di lacerazione che gli impedisce di essere pienamente un soggetto. Le difese più frequenti sono chiaramente il diniego della realtà piuttosto che il passaggio all’atto.

E non c’è da stupirsi, perché attraverso queste soluzioni gli adolescenti mantengono vivo il loro stesso sentimento di esistenza.

Dunque un’istituzione dovrà:

 

1.  Rendere tollerabile una realtà (fornire una cornice)

2.  qqProporre degli obiettivi con i quali gli adolescenti si confronteranno.

3.  Offrire l’occasione di vivere delle esperienze attraverso le quali sperimentare le loro nuove capacità.

 

Tutto ciò per farli riappropriare di quella parte di sé vissuta come estranea.

Trasformare il pulsionale in un elemento utilizzabile dalla psiche.

Offrire dunque delle mediazioni - come deviazioni possibili - che contengano l’emozione e che la trasformino in un elemento utilizzabile. (il pensiero).

Continua la Descargues-Wery ricordando che tutto ciò, il senso della realtà, si costituisce in un primo momento tramite le cure materne. Attraverso questi scambi si differenziano il dentro e il fuori e inizia il processo di individuazione.

Il punto dunque è che in adolescenza il processo viene rimesso in gioco e l’identità vacilla.

Il passaggio obbligato che fa ogni ragazzo è quello di rivolgersi ad un fuori per cercare ciò che dentro gli manca, mentre ravvisa nel cambiamento un elemento perturbante. In casa famiglia si gioca questo dentro fuori e tutto ciò che l’adolescente vive come fuori di sé nella cornice della struttura, partecipa alla costituzione di se stesso come soggetto.

In ballo è, come ben si capisce, non la crescita intesa in senso lato, bensì il soggetto stesso, il processo di soggettivazione.

Pensando in termini di soggetto e di sue rappresentazioni - ripensando a schopenhauer dunque - la realtà esterna non va concepita ad una sola dimensione, E’ anche tutto ciò che non trova spazio nel pensiero che pensa la realtà, l’intollerabile, il fondo oscuro, ma che in quanto tale diviene resto ed entra comunque nel gioco dialettico io-non io.

L’istituzione è un non io che deve costituirsi come metafora, e quanto più possibile nel suo funzionamento vicino e simile a ciò che manca alla psiche degli adolescenti.

La funzione contenitiva è assunta dall’equipe he “opera affinché i contenuti distruttivi dei nostri pazienti vengano trasformati, attraverso varie attività che accolgano i loro sintomi e attraverso aperture diverse alla ripetizione”.

“la psicosi è la malattia del fallimento dell’ambiente” Winnicott.

Non si tratta dunque, come fa notare l’autrice, di sostituirsi ai genitori in una sorta di progetto riparatorio, cosa che creerebbe atteggiamenti di dipendenza contrari alle possibilità evolutive.

Si tratta di aiutare gli adolescenti ad affrontare la realtà, il qui e ora.

Gli psicotici attaccano i legami e proiettano nell’ambiente tutta la loro angoscia. Gli operatori individuando le scissioni restituiscono ai ragazzi i loro agiti in un altro modo, tramite le parole e i pensieri. In poche parole a volte si ha l’impressione di lavorare come se si aiutasse i ragazzi a famigliarizzare con la realtà.

Cominciando dal fatto che questa ha più dimensioni e può essere vista da più sfaccettature, liberando un pensiero incatenato, costretto.

Dunque, come prosegue l’autrice, si tratta di aiutare i ragazzi non tramite l’interpretazione quanto piuttosto tramite il dialogo.

Gran parte del lavoro in casa famiglia con gli adolescenti si fa aiutandoli a mettere in scena contenuti non rappresentabili per loro che tramite un atto.

Più di consegnarsi ad una serie di agiti bisogna dare atto e prendere atto, in un lavoro d’assunzione di responsabilità e memoria.

Il lavoro dei responsabili consiste nel rielaborare gli eventi tramite una serie di significazioni possibili, che aprono uno spazio di pensiero riaccessibile, prendendo al tempo stesso le distanze dall’evento.

In questo gioco la capacità di accogliere gli affetti ostili rassicura il ragazzo e gli permette di costituirsi uno spazio separato.

Gli operatori hanno un effetto narcisistico importante.

Accompagnando il ragazzo nella quotidianeità sono testimoni e fattori importanti nel processo di individuazione.

Gli operatori sono anche presenti nelle riunioni con i genitori, che se si presentano cariche di aggressività, la capacità dell’operatore di raccogliere anche il sentimento ostile rassicura il ragazzo.

casa famiglia per adolescenti difficili e condizioni limite





Aquila.
bozza per una lezione all’università


Iniziamo facendo una distinzione fra tre piani:

1.  quello delle strutture che lavorano con adolescenti.
2.  quello degli operatori che svolgono il trattamento.
3.  quello vero e proprio dell’adolescente che commette reato.

La tesi che mi propongo di dimostrare è come questi tre piani siano assolutamente collegati fra loro e si incontrano e si giustificano tutti nella struttura di personalità dell’adolescente.
Innanzitutto cerchiamo di aprire una parentesi su che cosa intendiamo quando parliamo di “trattamento” di questo tipo di adolescente.
Pensiamo al trattamento in termini politico-economici, come sostantivo derivato del verbo trattare. Trattare vuol dire un lento, minuzioso, tendenzialmente democratico, processo di mediazione. Si tratta fra delle parti per cercare un compromesso... a volte un trattato di pace. Il trattato di pace è anche una resa, un segno limite che stabilisce ì confini e finisce per riattivare la storia.

Invece, arrivando a descrivere questo tipo di adolescenti, iniziamo col dire che sono adolescenti che commettono reati.

Winnicott differenzia nella tendenza antisociale fra il reato e la distruttività.

Nel reato c’è sempre, secondo lui, una speranza, una richiesta di cure. Potremmo anche dire che quelle cure sono nello specifico cure materne, se pensiamo che ogni bambino ha il diritto di richiedere la mamma. E ne ha il diritto perché è stato lui stesso a creare la mamma, se pensiamo al periodo in cui questa ha risposto alle richieste del figlio in un  momento in cui per lui mondo interno e mondo esterno non erano ancora sufficientemente separati.
Ciò che lui ruba è ciò di cui ha bisogno, ma più del contenuto rubato è la speranza di cure ad essere al centro dell’attenzione.

Qui è importante dire che per questi adolescenti le cose non sono andate sempre male. Se c’è questa speranza c’è anche il ricordo di un qualcosa, di un certo ambiente di cure, che all’inizio è stato sperimentato in maniera tendenzialmente adeguata.
Quella madre sufficiente mente buona di cui parla Winnicott, per capirci.

Quest’ipotesi interpretativa può essere legata con l’interpretazione che fa Novelletto. Questo vede nel gesto dell’adolescente violento una Fantasia di Recupero Maturativo, nel senso che nel gesto antisociale violento, l’adolescente ha la fantasia (inconscia) che magicamente si possa superare l’impasse evolutiva in cui è venuto a cascare. Come se da un certo momento in poi qualcosa di negativo ha interrotto questo processo di cure e le cure materne sono magicamente cercate, nonché l’evoluzione magicamente rimessa in moto.

Per quanto riguarda la distruttività Winnicott fa l’ipotesi che venga richiesto ad un’autorità esterna di dominare, di controllare, qualcosa che l’adolescente non riesce a tenere sotto controllo.
Questo punto è un pò più complesso.
Teniamo a mente due cose:
1.  Innanzitutto c’è da dire che più un aspetto di ricerca di cure, dunque di piacere, un piano libidico, e l’aggressività sono fuse, vanno insieme, più il problema è profondo, perché implica una difesa primaria. Cioè si va a cadere su una problematica che ha origine quando il bimbo era veramente piccolo. L’aggressività è una difesa primaria in questo senso.
2.  E’ inutile proporre una terapia individuale per questi adolescenti, perché ciò che questi chiedono è una risposta dall’ambiente. E noi dobbiamo iniziare proprio andando incontro a questa richiesta.


Adesso vedremo perché l’ambiente è tanto importante.

Cos’è che non riesce ad essere controllato? Perché qui è il punto.

C’è qualcosa vissuto come minaccioso e al tempo stesso terribile, vissuto nel proprio mondo interiore, che costa fatica riuscire a controllare... evidentemente è qualcosa che non può essere detto dal ragazzo, o rappresentato, qualcosa che viene solo percepito interiormente.
Quello che possiamo fare è negarlo radicalmente: allora l’adolescente muoverà i primi passi verso il diniego della realtà, preludio di ben più gravi psicopatologie. In una parola, ammattisce.
Contattarlo è impossibile, perché vorrebbe dire avere questa capacità di legare e verrebbe ad essere rappresentato qualcosa che ci porta dritti alla depressione.
l’unica cosa che può fare è una sorta di drammatizzazione del vissuto interiore per poi buttarlo fuori nella speranza che un’autorità esterna possa controllarlo.

Vedete, c’è ancora in qualche modo una richiesta, ma questa volta di un’autorità esterna di controllo. Come se il fuori sopperisse ad una carenza del dentro, o meglio della divisione dentro fuori, soggetto-oggetto.

Qui facciamo attenzione, chiamiamo questo qualcosa di minaccioso contenuto psichico. Per contenuto psichico si intende il contenuto di una mente...siamo dunque alle prese con una mente che soffre.
Questo contenuto è qualcosa di non legato. Per capirlo dobbiamo andare dal bambino piccolo e chiedergli cosa succede. Perché tanta distruttività in questo caso.

Prendiamo un bimbo intento in qualche suo gioco (da un esempio fatto dallo stesso Winnicott), mentre ad un certo punto i genitori iniziano a litigare violentemente.
il bimbo che non riesce a capire e prova paura, paura che i genitori lo abbandonino, che fanno così perché lui è stato cattivo, che in realtà questa aggressività è la sua e possa far male alla mamma, comunque quello che il bimbo fa è prendere su di sé questa situazione traumatica e per intero introiettarla.

Ora questo contenuto della sua mente non sarà pensabile, si dice che non è stato simbolizzato, non potrà essere rappresentato, ma non per questo scomparirà.
Il bimbo è abituato in questa fase a pensare che dentro di lui c’è tutto il bene e fuori tutto il  male. Dunque quando questo contenuto non sarà più controllabile verrà espulso fuori di sé.
Vediamo bambini e adolescenti alle prese con la fatica di gestire questo tipo di contenuti slegati, scissi, impiegare tanta loro energia da non averne altra a disposizione per ulteriori attività.
E qui segue quanto dicevamo prima.
Attenzione perché le seguenti cose sono fondamentali:

1.  Ogni contenuto dovrà essere legato, cioè: la mente-psiche, ovvero il pensiero, funziona facendo legami ( il Logos vuol dire, legare-pensare-raccontare e questo la dice lunga). Il legame fondamentale a cui è chiamato l’io come istanza psichica è quello di presiedere la distinzione fra il dentro e fuori.

2.   E qui il secondo punto ci riporta ancora all’ambiente, come ciò che ad un certo punto ha fallito, ha fatto soccombere quello spazio che naturalmente è concesso al soggetto.

3.  Inoltre, questo contenuto genera rabbia... è una rabbia che fonda le sue radici su un’angoscia d’abbandono... quello che i nostri ragazzi faranno in continuazione, per lo meno in un primo momento, in comunità.

Dunque: LEGAME/RAPPRESENTAZIONE
AMBIENTE (STABILE)
ABBANDONO (COME PROVA DEL LEGAME)


Tutto questo è un tentativo di descrizione, mi rendo conto un pò limitato, ma sufficiente, della psiche dell’adolescente. La comunità, come cornice, dovrà tenerne conto ed essere strutturata in un modo tale da poter percorrere queste linee giuda. Non sarà dunque un caso che le due cornici coincidano. L’una dovrà richiamare l’altra.


Ciò che dobbiamo aver chiaro è che qui non è in gioco un semplice conflitto fra istanze psichiche, ma qualcosa di ben più radicale.
C’è un’istanza, quella dell’io, che non è completamente in grado di padroneggiare il mondo interiore, proprio per questo fallimento dell’ambiente. e un contenuto di questa mente, vissuto come una minaccia da espellere con rabbia, rabbia che affonda e vuole al tempo stesso essere salvata dall’angoscia d’essere abbandonati.


Pulsioni...

Il punto da capire è che queste condizioni limite funzionano in un modo del tutto particolare.
Ciò che costantemente è cercato dall’umano è una condizione di piacere. C’è in principio un’energia che passa attraverso il corpo. Questa energia si fa pulsione e deve essere scaricata. Per essere diretta versa la realtà esterna ha bisogno di una rappresentazione. Questa energia ha come obiettivo il legarsi.
e deve avere questo obiettivo perché ne va della possibilità che questa pulsione, questa energia libera, sia riportata all’esterno e se ne faccia qualcosa, sia scaricata anche più semplicemente.
Ora il punto è che questa mancanza di rappresentazione, come un’angoscia solo avvertita e inespressa è una condizione terribile, in cui si manca la possibilità di esistere come essere umano.
Segna una condizione limite.