Sto guardando S. che taglia l'erba. Dio sa cosa gli si agita dentro. lui mettendo in ordine il giardino decide sulla casa... su qual'è alla fine la casa. Quella in cui puoi stare sicuro, in cui le cose, quando accadono, non fanno paura, ché c'è una mente che le pensa, che può mettere un argine a tutte le emozioni.S. passa con la sua macchina tagliaerba e lascia mucchietti regolari sul terreno ordinato. Se c'è un dosso spinge con le braccia e serio cerca di trovare il modo per far scavallare quell'attrezzo tagliaerba.Qui il sole riscalda appena, obliquo, sembra portar pace. C. sul dondolo e D. nell'ufficio a studiare... come fanno i grandi. M.... dov'è M...M. è andato a comprare la cipolla...Stasera pasta e patate per tutti!Ed io... avrei voglia di farmi una passeggiata... di fumare una sigaretta... ma non riesco a staccare gli occhi dallo spettacolo di questa fine giornata. Mi manca una persona qui accanto, e non vedo l'ora di vederla. Ma questi ragazzi... dio come sono coraggiosi!
La cooperativa Il Funambolo onlus gestisce una casa famiglia e atri progetti per l'adolescenza . Si occupa di problematiche adolescenziali, lì dove si verificano interruzioni del percorso evolutivo del giovane soggetto. Impostiamo il nostro lavoro considerando la struttura un setting terapeutico globale e facciamo riferimento alle teorie di Winnicott, Green e Chan. Seguono qui racconti e riflessioni di confine... fra chi lavora, come il lavoro gli vive dentro e qualcos'altro...
lunedì 28 aprile 2008
diario
domenica 27 aprile 2008
Nella fase di progettazione molto importanti sono la collaborazione con il comune di Oriolo e la provincia di Viterbo.
Per la vicinanza con Roma chiaramente negli anni la struttura è stata destinata soprattutto ai ragazzi della capitale, senza disdegnare però alcune collaborazioni con i comuni limitrofi.
L'equipe ha collaborato soprattutto con la giustizia minorile, formandosi con quei ragazzi di strada che commettendo reati attraversano il percorso delle misure alternative alla detenzione.
In questo senso la posizione della struttura, lontana dalle dinamiche della città, e un gruppo di lavoro molto preparato ci hanno permesso di specializzarci sempre di più con quei ragazzi che incontrano il penale come richiesta proveniente da un profondo malessere, spesso espresso anche come disturbo di personalità.
La struttura è organizzata con un modello famigliare, o meglio pensando i ruoli famigliari come funzioni e il campo relazionale come compo proprio di lavoro in cui sono posti operatori e ragazzi.
Non crediamo al modello affidatario che metterebbe la struttura in competizione con la famiglia di origine, e lì dove possibile cerchiamo di lavorare anche con il gruppo di origine del ragazzo.
Per contattare la struttura.
tel/fax 06 99838762curriculumepochè.doc
venerdì 25 aprile 2008
riunioni di equipe
L’equipe... le riunioni.
Riunioni d’epuipe.
Si raccolgono gli elementi sparsi durante tutta la settimana, dei ragazzi e degli operatori, di tutto ciò che è passato dentro, attraverso e nell’immediata vicinanza della cornice.
Si mette a confronto, dunque è il luogo principale dove nascono nuovi legami.
Meglio ancora nelle riunioni d’equipe nasce per la comunità la capacità stessa di legare.
Qualcuno ha detto che il reale ha un carattere sempre traumatico, il reale inteso come presente, come vissuto di ciò che accade nell’immediatezza del suo essere presente.
La riunione degli operatori invece permette, come momento di pensiero vissuto da tutta la casa, di distanziarsi dagli agiti, dalla loro immediatezza.
Questa capacità di distanza e di legame fa tutt’uno col pensiero, con lo spazio psichico necessario per creare un limite, io-non io.
Il gruppo degli operatori non interpreta, ma si fa contenitore dei pensieri dei ragazzi, lì dove gli agiti vengono collocati in uno scambio che è sempre portatore di significati. Questi pensieri contengono gli operatori e i ragazzi e divengono così fonte di trasformazione.
Tutto questo è positivo anche soltanto perché apre un universo positivo e dotato di senso, nel quale c’è uno spazio anche per il resto, per ciò che non era rappresentabile da un soggetto assoggettato alle ripetizioni e preso nella lacerazione.
Nelle riunioni settimanali si produce uno schermo verso la violenza caotica delle pulsioni.
Quando diciamo scambio significativo, ciò che viene ripreso e pensato in riunione, intendiamo innanzitutto e per lo più ciò che provocano i ragazzi negli operatori, tutto ciò che muta e ogni modo col quale i ragazzi si rapportano alla cornice.
La cornice è ciò che viene ristrutturato, verificato, ripensato e adattato durante la riunione. La cornice infatti viene usata dai ragazzi difficili come strumento per dare significato.
Viene dunque vissuta come stabile, ma deve essere anche variabile se vuole accogliere il cambiamento. Però se lo è troppo e in modo caotico raggiunge una sorta di punto di sutura oltre il quale viene vissuta come perturbante e dissociante.
(sempre liberamente tratto da “La questione psicotica in adolescenza” Barannes.)
la casa famiglia
La casa...
Cerchiamo di spiegare in sintesi e seguendo alcune indicazioni tratte da un saggio di Descargues -Wery, di cosa si parla quando si immagina il lavoro degli operatori in casa famiglia e la tipologia dei ragazzi che noi ospitiamo.
La casa famiglia innanzitutto è un’istituzione. Risponde a certe regole e ne ha di sue proprie, un proprio regolamento istituito per il suo fine. Vista da un adolescente, pensando al rapporto che questo ha con la regola, i regolamenti, le istituzioni appunto, la casa famiglia fa parte del mondo dei grandi, degli adulti.
Ma come ogni istituzione è appunto una cornice di vita. E’ un ambiente appositamente creato per adolescenti che soffrono. Lo scopo della casa famiglia è quello di aiutare i ragazzi a cercare altri tipi di risposte alle loro difficoltà.
Queste difficoltà provengono sia da una realtà diventata intollerabile, quanto dalla criticità stessa propria dell’adolescenza. Sono situazioni che si configurano spesso come veri e propri breck down o scompensi psicotici, quando non finiscono invece per strabordare nel contesto sociale divenendo devianza.
Anche l’istituzione comunque, pensiamo alla scuola, può diventare luogo di esclusione, andando a innestarsi su quel vissuto di estraneità che provano i ragazzi. Il problema è che questa estraneità, l’altro perturbante, può sfilacciarsi, assottigliarsi fino a divenire rottura ed essere intollerabile. L’adolescente si trova a doversi difendere da questo vissuto di lacerazione che gli impedisce di essere pienamente un soggetto. Le difese più frequenti sono chiaramente il diniego della realtà piuttosto che il passaggio all’atto.
E non c’è da stupirsi, perché attraverso queste soluzioni gli adolescenti mantengono vivo il loro stesso sentimento di esistenza.
Dunque un’istituzione dovrà:
1. Rendere tollerabile una realtà (fornire una cornice)
2. qqProporre degli obiettivi con i quali gli adolescenti si confronteranno.
3. Offrire l’occasione di vivere delle esperienze attraverso le quali sperimentare le loro nuove capacità.
Tutto ciò per farli riappropriare di quella parte di sé vissuta come estranea.
Trasformare il pulsionale in un elemento utilizzabile dalla psiche.
Offrire dunque delle mediazioni - come deviazioni possibili - che contengano l’emozione e che la trasformino in un elemento utilizzabile. (il pensiero).
Continua la Descargues-Wery ricordando che tutto ciò, il senso della realtà, si costituisce in un primo momento tramite le cure materne. Attraverso questi scambi si differenziano il dentro e il fuori e inizia il processo di individuazione.
Il punto dunque è che in adolescenza il processo viene rimesso in gioco e l’identità vacilla.
Il passaggio obbligato che fa ogni ragazzo è quello di rivolgersi ad un fuori per cercare ciò che dentro gli manca, mentre ravvisa nel cambiamento un elemento perturbante. In casa famiglia si gioca questo dentro fuori e tutto ciò che l’adolescente vive come fuori di sé nella cornice della struttura, partecipa alla costituzione di se stesso come soggetto.
In ballo è, come ben si capisce, non la crescita intesa in senso lato, bensì il soggetto stesso, il processo di soggettivazione.
Pensando in termini di soggetto e di sue rappresentazioni - ripensando a schopenhauer dunque - la realtà esterna non va concepita ad una sola dimensione, E’ anche tutto ciò che non trova spazio nel pensiero che pensa la realtà, l’intollerabile, il fondo oscuro, ma che in quanto tale diviene resto ed entra comunque nel gioco dialettico io-non io.
L’istituzione è un non io che deve costituirsi come metafora, e quanto più possibile nel suo funzionamento vicino e simile a ciò che manca alla psiche degli adolescenti.
La funzione contenitiva è assunta dall’equipe he “opera affinché i contenuti distruttivi dei nostri pazienti vengano trasformati, attraverso varie attività che accolgano i loro sintomi e attraverso aperture diverse alla ripetizione”.
“la psicosi è la malattia del fallimento dell’ambiente” Winnicott.
Non si tratta dunque, come fa notare l’autrice, di sostituirsi ai genitori in una sorta di progetto riparatorio, cosa che creerebbe atteggiamenti di dipendenza contrari alle possibilità evolutive.
Si tratta di aiutare gli adolescenti ad affrontare la realtà, il qui e ora.
Gli psicotici attaccano i legami e proiettano nell’ambiente tutta la loro angoscia. Gli operatori individuando le scissioni restituiscono ai ragazzi i loro agiti in un altro modo, tramite le parole e i pensieri. In poche parole a volte si ha l’impressione di lavorare come se si aiutasse i ragazzi a famigliarizzare con la realtà.
Cominciando dal fatto che questa ha più dimensioni e può essere vista da più sfaccettature, liberando un pensiero incatenato, costretto.
Dunque, come prosegue l’autrice, si tratta di aiutare i ragazzi non tramite l’interpretazione quanto piuttosto tramite il dialogo.
Gran parte del lavoro in casa famiglia con gli adolescenti si fa aiutandoli a mettere in scena contenuti non rappresentabili per loro che tramite un atto.
Più di consegnarsi ad una serie di agiti bisogna dare atto e prendere atto, in un lavoro d’assunzione di responsabilità e memoria.
Il lavoro dei responsabili consiste nel rielaborare gli eventi tramite una serie di significazioni possibili, che aprono uno spazio di pensiero riaccessibile, prendendo al tempo stesso le distanze dall’evento.
In questo gioco la capacità di accogliere gli affetti ostili rassicura il ragazzo e gli permette di costituirsi uno spazio separato.
Gli operatori hanno un effetto narcisistico importante.
Accompagnando il ragazzo nella quotidianeità sono testimoni e fattori importanti nel processo di individuazione.
Gli operatori sono anche presenti nelle riunioni con i genitori, che se si presentano cariche di aggressività, la capacità dell’operatore di raccogliere anche il sentimento ostile rassicura il ragazzo.